
Diario della terza gravidanza. Tuffarsi nel passato per preparare il futuro
È iniziato il nono mese di attesa, dopo un’estate torrida che ha fatto sentire davvero il peso della terza gravidanza. Una passeggiata nei luoghi di infanzia con le sorelle della nascitura si trasforma nell’occasione di riflettere su ciò che è stato e su ciò che sarà. Continua il diario di Lucia Porracciolo. Qui tutte le puntate precedenti
È notte. Una di quelle in cui non dormo, ormai sono tante di questo tipo. Penso e ripenso, mi giro e rigiro, per quanto il pancione me lo permetta. C’è silenzio. Sento solo chiari e definiti i movimenti della mia piccola. Decisi, netti. Inizia a stare stretta qui dentro. Intanto si affollano in mente tantissime domande alcune sono sempre le stesse che si pongono le donne in gravidanza: “Quando succederà? Quando andrò in ospedale? Capirò quando sarà il momento giusto? Come andrà?”. Benché sia alla terza gravidanza un po’ la storia delle domande si ripete. Perché ogni parto è unico e speciale.
È settembre (finalmente), entrato lentamente. Tanto si è fatto attendere. Ho salutato agosto! È stata un’estate strana e torrida che non ci ha fatto respirare, ci ha fatto soffrire tanto e personalmente mi ha fatto sentire troppo il peso della gravidanza.
Un cinghiale sullo stomaco
Questo che è appena cominciato è il periodo più difficile, si avvicina la data presunta, a volte vorrei che il tempo passasse in fretta (non ce la faccio più), altre vorrei fermare il tempo e godermi questi ultimi giorni di attesa in serenità, con calma. Ma queste parole con due figlie piccole non si sposano bene. Ogni giorno porta il suo peso: loro che vogliono stare con me, tante cose da fare e da organizzare, la schiena che fa male, il pancione grande, lei che scalcia di continuo. Sensazioni avute in passato ma che avevo dimenticato. Perché poi noi mamme cancelliamo i ricordi brutti e teniamo solo le belle sensazioni. Ah, dimenticavo, mangiare è davvero difficile, qualsiasi cosa diventa un cinghiale sullo stomaco, solo adesso apprezzo, quella pubblicità, in onda in tv qualche anno fa, di qualche medicina per la digestione. Ecco come mi sento spesso.
Poi l’aspetto psicologico, paura, ansia, preoccupazione, domande su domande. Poi la felicità di tenerti ancora in grembo, stretta a me. Siamo io e te. Fra poco ti avrà anche il mondo ecco perché vorrei ancora tenerti con me seppur con questi “disagi” dell’ultimo mese. Mi tengono sempre compagnia le domande delle sorelline: “Che sta facendo? Sta mangiando? Ha fatto pipì? Sta guardando la tv?”. E poi la piccola chiede: “Mamma quando esce M. mi prendi in braccio? E poi ma dove dormirà? Può dormire nel lettone con noi?” La loro presenza e la loro partecipazione ha reso questa gravidanza speciale.
Le difficoltà e il rifugio
In questa estate di attesa e transizione le vacanze sono state difficili, un po’ di mare e un po’ di montagna. Qui a quasi mille metri dal mare ho trovato un modo per stare bene e sentirmi in pace. Ti ho portato nei miei luoghi d’infanzia, dove sono nata, cresciuta, dove ho giocato a lungo, dove ho trascorso il tempo con le amiche, quelle che sono rimaste tali per sempre. Qui, a Mistretta, mi sento sempre al sicuro. È il mio rifugio. Quando torno a casa (dei miei, mi piace chiamarla casa mia) respiro subito un’aria nuova e fresca, appena scendo dall’auto. Mi avvolge quel clima fresco e rigenerante, mi avvolge un calore che va dritto al cuore. Sia estate o sia inverno la sensazione è la stessa. Nell’agosto appena passato questa bella sensazione si è riconfermata, anzi si è amplificata.
Un giorno abbiamo fatto un giro per i vicoli di Mistretta, ho portato te e le tue sorelle nei quartieri dove correvo, giocavo a pallone, a “popolo” , a “bella statuina”- chi se li ricorda?- andavo in bici, nelle strade dove sono caduta così tante volte da sbucciarmi spesso le ginocchia e avere ancora qualche cicatrice.
Quel sapore speciale
Qui siamo in via Noè Marullo, ci viveva mia nonna Serafina, mamma di papà mio. Donna fantastica, super attiva, simpatica e con un senso del dovere nei confronti della famiglia a dir poco unico. Qui ho passato tantissimi pomeriggi con i miei cugini a giocare a pallone e poi a fare merenda. Ricordo i pranzi e le cene a casa di nonna, quelle patatine fritte che nessuno mai, dopo di lei, ha cucinato. Avevano un sapore speciale. La pasta con la salsa (appena fatta) e la ricotta grattugiata sopra, che bontà! Queste stradine allora mi sembravano enormi, come lo sembrano adesso alle mie bimbe. Peccato che nonna Serafina non ti possa conoscere su questa terra! Se queste pietre potessero parlare avrebbero tanto da dire. Anche a me piacerebbe ascoltarle per recuperare qualche ricordo affievolito nel tempo, per portare alla memoria aneddoti che hanno segnato la mia crescita e hanno formato il mio carattere. Nonna Serafina aveva problemi di udito, e per questo il campanello della sua porta era fortissimo, lo sentiva tutto il quartiere. Uno dei ricordi più teneri è, dopo il drin drin, il suo sorriso brillante e amorevole dietro il vetro del balcone, appena si accorgeva che ero io a bussare.
Cose semplici e racconti, altro che tablet
Il nostro giro non è finito, visto che siamo tutti di buon umore proseguiamo e percorriamo una salita. Quante volte l’ho fatta. Questa è via Belverde e qui ci viveva nonna Maria, mamma di mamma. Un’altra ricchezza per noi nipoti. Un dono prezioso che abbiamo avuto la fortuna di goderci fino a quando aveva 94 anni. Io sono cresciuta con lei, a casa mia e a casa sua. D’inverno qui fa molto freddo, nevica, così lei veniva a vivere da noi. D’estate si trasferiva a casa sua e io spesso stavo con lei anche di notte. Qui con la tua futura madrina, mia cugina Marianna, ho trascorso le più belle giornate, i più bei momenti da bambina. Altro che tv e tablet, lontane da tutto ciò, ci siamo divertite alla follia con le cose più semplici e gli affetti più veri. La casa di nonna Maria era il mio nido, il mio rifugio. Quando litigavo con tutti scappavo via e venivo qua. Con lei mi sentivo in pace. I suoi racconti mi mettevano di buon umore. Mi parlava di mamma e di zio Vincenzo, suo fratello, di quando erano bambini e io mi tuffavo con grande curiosità e sete di sapere in quel passato lontano e sconosciuto che mi faceva rivivere la loro infanzia difficile (hanno perso il papà quando mamma aveva due anni e zio Vincenzo non era ancora nato) e bella grazie alle cure della loro mamma, di nonna Maria che è rimasta per sempre nel mio cuore come la persona più importante della mia vita.
Pronta ad accoglierti
Così piccola M. ti ho voluto portare di proposito, insieme a papà e alle tue sorelle, davanti a questo portone e su questi scalini che conoscono a memoria i miei passi e il mio cuore. Il passato è quello che crea il nostro presente e il nostro futuro. È un pezzo di vita importante senza il quale non saremmo quello che siamo. I ricordi sono dentro di noi, ma ripercorrere i luoghi d’infanzia sentendoti muovere dentro me, accarezzandoti, sussurrando le mie emozioni ti ha consegnato la mia anima, il mio essere donna e mamma, che già probabilmente conosci più di chi sta qui fuori. Perché la nostra unione è viscerale, passionale, ossessiva e quasi maniacale, è l’unione che rimarrà più forte e salda di qualsiasi altra relazione che sperimenterai in questo mondo che ti aspetta, anche quando di tempo ne sarà passato e sarai tu a far conoscere i tuoi luoghi d’infanzia ai tuoi figli. Questa passeggiata mi ha dato tanta serenità e ha cancellato tutte le ansie e le paure.
Sono pronta ad accoglierti nel migliore dei modi, con tutto l’amore che meriti.
Ti aspettiamo, ma prenditi il tempo che ti serve per essere pronta e forte come una leonessa per affrontare la vita.
Bellissimi ricordi,le tue nonne donne speciali,anch’io le ricordo con tanto affetto.
Cara Lucia, mi hai fatto emozionare. Leggerti è un piacere. Sai arrivare dritta al cuore delle persone.
Sei speciale 😘