
“Pandemia e disagi per i bambini. Dipende molto dai genitori”. Intervista a Concetta Polizzi
Intervista a Concetta Polizzi, psicologa e psicoterapeuta dell’Università di Palermo, mette in guardia dai pericoli che corrono i bimbi a causa delle restrizioni per l’emergenza Covid-19. Disturbi da non sottovalutare, cruciale il ruolo di mamme e papà: «I genitori sono chiamati a essere registi e narratori per i propri figli, orientandoli verso una realtà di relazioni nuova e sconosciuta, perché non si confondano e non si perdano»
Una pandemia lunga e invasiva con cui fare i conti. I soggetti più giovani alla mercé di vari rischi, fra girandole emotive e disturbi della memoria e dell’attenzione. Il ruolo dei genitori che si carica di ulteriori responsabilità e il loro comportamento da cui dipendono anche le reazioni dei più piccoli. Ne abbiamo parlato con la psicologa e psicoterapeuta Concetta Polizzi dell’Università degli studi di Palermo, che fa anche parte della Società Italiana di Psicologia Pediatrica. «Sono emersi – spiega Polizzi – dati preoccupanti soprattutto in riferimento al lockdown dei mesi scorsi. I genitori non sono mai stati così in difficoltà, spesso incapaci di sintonizzarsi con i bisogni reali dei bambini in uno specifico qui ed ora. Per i genitori e per la comunità educante è una sfida, bisogna ascoltare sempre i bambini e renderli più competenti nelle relazioni con il mondo virtuale di smartphone e dei social».
Dottoressa Polizzi, la Sicilia è in zona rossa con la provincia autonoma di Bolzano, e molte regioni italiane in zona arancione, a causa dell’emergenza legata alla pandemia da Covid-19. Bimbi e adolescenti hanno sofferto particolarmente il lockdown. Quali tipi di disagi vivono in un contesto simile?
«La pandemia che stiamo vivendo ormai da quasi un anno, sta sicuramente provocando in tutti, e ancor di più nei bambini e negli adolescenti, innumerevoli danni alla salute, globalmente intesa, danni che sempre di più si stanno manifestando e che purtroppo continueranno a manifestarsi. Quando si vive una condizione di rischio come questa, improvvisa, devastante, drammatica, a cui nessuno era preparato, giocano fortemente le risorse interne ed esterne di cui ognuno dispone, le risorse a cui potere ricorrere dinanzi al nuovo che smarrisce e certamente i più giovani sono i meno attrezzati, i meno abili e competenti a fronteggiare le situazioni rischiose improvvise, soprattutto se gli adulti che li circondano vanno a loro volta in crisi e si disregolano. Sì perché credo, che il Covid-19 abbia in primis disregolato un po’ tutti e tutto. Tutto è eccessivo, tutto è percepito, vissuto e affrontato in modo eccessivo; le vecchie certezze non sono state più sufficienti, ed ecco che i genitori si sono ritrovati a non sapere come fare, a non sapere gestire una quotidianità in costrizione, a non sapere come regolamentare in modo sano tempi, abitudini, comportamenti dei figli, a non sapere essi stessi gestire le mille pressanti richieste imposte dalla condizione (smartworking/precarietà lavoro….DAD….gestione della casa….ecc.). Ecco, i bambini hanno reagito in tanti modi, non solo in funzione dell’età, e quindi dello specifico momento evolutivo che stavano attraversando, ma anche e soprattutto in funzione di come le persone significative a loro vicine hanno affrontato e stanno affrontato la condizione di rischio attuale».
Che tipo di reazioni si sono manifestate?
«I bambini hanno provato mille emozioni, soprattutto durante il lockdown: paura, ansia, rabbia, tristezza, apatia, a volte, se molto piccoli, anche senso di colpa. Molti bambini sono anche stati resilienti, e cioè hanno retto discretamente l’impatto con questo rischio, ma molti altri purtroppo no. Vale la pena chiedersi quali esperienze relazionali dentro casa, quali modelli e stili genitoriali hanno interiorizzato e mentalizzato i nostri bambini e i nostri ragazzi durante l’isolamento per pandemia».
Dati sconfortanti?
«Da una ricerca effettuata durante il lockdown dall’ospedale Gaslini di Genova con 6.800 genitori è emerso un dato preoccupante: in circa il 70% dei casi i figli hanno sviluppato problematiche comportamentali, disturbi della regolazione emotiva (irritabilità, ansia, inquietudine), così come, alterazione del sonno, che va a interferire chiaramente anche con la prestazione scolastica e quindi, poi sulla self-efficacy; spesso, i bambini hanno riportato alterazioni a carico della memoria, della concentrazione, dell’attenzione. I bambini hanno spesso esplicitato un vero e proprio senso di disorientamento indotto dall’assenza /alterazione delle loro routine (es. andare a scuola), chiedendo spesso ai genitori: Ma che giorno è oggi? Che ora è?».
Altri disturbi?
«Numerosi cosiddetti di tipo funzionale, mal di pancia, mal di testa, ecc…non riconducibili a problemi organici; e negli adolescenti anche veri e propri attacchi di panico e stati depressivi, oltre a una rabbia per la perdita delle relazioni sociali, spesso sentita come ingestibile, una rabbia che scoppia dentro e porta a comportamenti esasperati e disturbanti o che in senso opposto, ma altrettanto pericoloso, porta alla chiusura, al ritiro, al trovare riparo nel mondo virtuale, un mondo che in tanti casi, come ci raccontano anche alcuni drammatici accadimenti recenti, è diventato altamente pericoloso per la salute e a volte per la vita stessa dei nostri ragazzi e dei nostri bambini».
Dottoressa… Le limitazioni di passeggiate all’aperto e di attività di socializzazione con altri bimbi al di fuori dell’ambito scolastico – che di solito sono consigliate dai pediatri – a quali conseguenze possono portare?
«Una delle limitazioni per i bambini, apparsa da subito come tra le più pesanti da sopportare e ricca di implicazioni, è quella alle uscite, al potere andare a fare la passeggiate, magari al giardino dove si possono incontrare gli amici e si può giocare. Pensiamo a quanto ancora più pesante sia stato il peso di tale limitazione in pieno lockdown, quando anche la scuola è uscita dalla quotidianità dei nostri bimbi e ragazzi. Limitare così drasticamente la vita sociale dei bambini e dei ragazzi ha certamente avuto notevoli implicazioni soprattutto emotive, specie per chi è figlio unico e non ha potuto beneficiare della relazione tra fratelli. Facendo poi riferimento in modo specifico agli adolescenti, si può immaginare il peso della limitazione del sociale in una fase della vita in cui le relazioni con i pari stanno al primo posto del mondo relazionale».
Cosa è successo agli adolescenti?
«Durante il lockdown spesso hanno esasperato comportamenti di rabbia verso i genitori, e hanno fatto un ricorso eccessivo alle tecnologie. Vale la pena ricordare che la vita sociale, il supporto fornito dalle relazioni sociali è un fattore fondamentale per il benessere fisico e mentale; sembrerebbe che la distanza fisica e la mancanza delle interazioni sociali dirette, dovute all’isolamento sociale, porti ad effetti avversi sull’attività del sistema ossitocina, con riduzione della sintesi di tale ormone, che come sappiamo è importantissimo nelle interazioni sociali e nelle reazioni sentimentali, da questo il soprannome di “ormone dell’amore”. Proprio l’ ossitocina aumenta i comportamenti pro-sociali e ci porta ad essere più propensi a fidarci degli altri. Ebbene, alcuni studi neuroscientifici hanno dimostrato come l’isolamento forzato durante il lockdown per il Covid-19 sembra abbia comportato un’inattivazione del sistema ossitocina con inibizione di alcuni canali di risorse istintive. In tal senso, è fondamentale cercare di garantire il più possibile ai bambini il tempo delle uscite, di qualche incontro con altri bambini, nel rispetto delle norme di sicurezza».
I genitori come possono affrontare questo momento? Quali strategie devono mettere in atto per attenuare i rischi che corrono i figli?
«I genitori forse non sono mai stati così tanto in difficoltà come in questa fase storica. Se i bambini e i ragazzi stanno soffrendo, va da sé che accanto a loro troviamo genitori sofferenti, genitori che stanno sentendo tutte le loro fragilità e che spesso si sono percepiti e sentiti davvero incompetenti. Molti hanno anche chiesto aiuto per gestire figli avvertiti come difficili da gestire, purtroppo non facendosi spesso la fatidica domanda su quanto fosse – in una condizione sconosciuta e altamente stressante – soprattutto una loro difficoltà a contestualizzare le funzioni genitoriali di cura, di guida, di supporto. Io ho avuto il piacere di prendere parte a una grande azione di solidarietà sociale durante il lockdown, in quanto ho fatto parte del team di psicologi della Società Italiana di Psicologia pediatrica che in quel momento ha attivato, attraverso il numero verde messo a disposizione dal Ministero della Salute, un servizio online e telefonico di supporto psicologico: il servizio Lègami/legàmi. Proprio questo splendido servizio prossimale di comunità, ancora attivo sul piano nazionale (www.sipped.it), ha consentito di evidenziare come i genitori abbiano vissuto e stiano continuando a vivere spesso una disregolazione della propria competenza genitoriale, che a volte si definisce in senso iper (iperstimolazione, ipercura…) e a volte in senso ipo (ipostimolazione, ipocura…); e purtroppo il grande rischio a cui può portare la disregolazione genitoriale è la negligenza, e cioè l’incapacità di sintonizzarsi con i bisogni reali del bambino in uno specifico qui ed ora».
Oggi, in un simile contesto, quali sono i compiti dei genitori?
«Oggi il genitore è chiamato, credo, a considerarsi più che mai per il proprio figlio un regista, un narratore e un orientatore verso una realtà di relazioni nuova e sconosciuta, affinché questi non si perda e si confonda. Ai genitori tocca l’arduo compito di accompagnare e sostenere i figli nella gestione di quei compiti di sviluppo indotti dalla crisi di questo momento; tra questi compiti, quello di ridefinire l’immagine di sé, di potere inscrivere l’esperienza della pandemia nella storia della propria vita, di riconoscere le proprie risorse, di rivisitare i legami, ecc. Il genitore, soprattutto, con i più piccoli , è stato chiamato a far trovare un senso e un significato a quanto accadeva e quindi a spiegare in modo comprensibile, senza dimenticare che il bambino ha bisogno sempre di sincerità. E poi ascoltare sempre i bambini, cosa pensano, cosa temono, senza mai minimizzare le loro preoccupazioni e senza chiedergli di essere forti, di non piangere, senza avere dato dignità alle loro paure».
Smartphone e tablet sono gli unici strumenti che consentono un contatto con l’esterno della casa. A cominciare dalla didattica a distanza. Come cambia l’approccio alla tecnologia? Prima raccomandavamo ai più giovani di trascorrere meno tempo davanti a questi strumenti, adesso è diventato necessario…
«Il rapporto con le tecnologie, con i social in tempo di pandemia costituisce certamente un aspetto particolarmente complesso e critico. Da una parte cellulari, tablet, pc sono diventati il mezzo fondamentale per mantenere un rapporto con il mondo esterno e dall’altra però, sembra che in tanti, troppi casi, l’uso di tali strumenti stia assumendo connotazioni pericolose per la salute. Il tempo che bambini e adolescenti trascorrono davanti a un tablet o uno smartphone è aumentato in modo esponenziale e non è certo il tempo della didattica a distanza quello da incriminare, nonostante le difficoltà e le criticità spesso sottolineate (la facile distraibilità, la demotivazione, l’assenza di contatto) che certamente incidono sulla qualità degli apprendimenti. C’è invece, un tempo con le tecnologie altamente rischioso se il bambino/ragazzo non è attrezzato a gestirle in protezione, potendo anche essere intrappolato in spazi dannosi di simil gioco o di scambi relazionali perversi; così come, non vanno certamente trascurati tutti i disturbi a livello di attenzione e concentrazione, e alla vista, così come, i disturbi del sonno, indotti proprio dall’uso esagerato delle tecnologie. Ecco questa è una delle sfide più importanti intanto per i genitori, che sono chiamati a regolamentare l’uso delle tecnologie, a rendere consapevoli i figli dei rischi connessi e a non lasciarli mai totalmente da soli in questo rapporto con un mondo virtuale in cui tutto è possibile. Ma è una sfida anche per la comunità educante, che deve porsi il problema di rendere più competenti i bambini nella gestione della loro relazione con questo mondo virtuale, che deve porsi il problema di lavorare fin dalla scuola dell’infanzia per lo sviluppo di life skills fondamentali che renderanno più forti i bambini nella gestione della relazione con il mondo».